Rinus Michels, storia dell’allenatore “totale”.

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Rinus Michels, fra gli allenatori più importanti della storia del calcio

Gli esordi da calciatore

Un paio di scarpini da calcio con lo stemma dell’Ajax: la storia calcistica di Rinus Michels comincia da qui, dal lontano 1936, quando gli indispensabili accessori per un calciatore che si rispetti gli vengono regalati il giorno del suo nono compleanno. A 12 anni, un amico del padre, osservatore della squadra dei “lancieri”, lo nota: il piccolo Michels entra a far parte delle giovanili del club di Amsterdam.

È il 1940: l’Europa è in guerra, le truppe del Terzo Reich invadono l’Olanda, per Michels e la dirigenza dell’Ajax, storicamente legato alla comunità ebraica, sono tempi davvero duri; il Lille lo vorrebbe ma problemi burocratici bloccano il suo trasferimento.

Quando la guerra termina Rinus ha 17 anni ed esordisce in prima squadra segnando cinque gol; un inizio promettente, tanto più che l’Ajax torna in Prima divisione e, l’anno successivo, vincerà il campionato. Michels è sempre più “dentro” l’organico del club: tra il 1946 e il 1958 giocherà più di 250 partite segnando 122 gol. Attenzione: non è un fenomeno, ma si contraddistingue per serietà e costanza.

“Vede” anche la Nazionale: con gli Orange disputerà sei partite riportando sei sconfitte.

L’approdo in panchina

Da allenatore gli andrà decisamente meglio, infatti ad un certo punto le cose cambiano: la sua carriera da giocatore finisce a trent’anni a causa di un infortunio alla schiena. Per un po’ fa l’insegnante di educazione fisica, poi, nel 1965 torna all’Ajax da allenatore.

I lancieri sono ancora una squadra normale, e spetta a Rinus – il quale ha solo 37 anni – il compito di costruirne il mito: quattro campionati olandesi tra il 1966 e il 1970 e tre Coppe d’Olanda una triplice affermazione sono il pass per entrare nell’epoca del “meccanismo perfetto”. Una squadra che gioca a memoria, in cui i calciatori non solo svolgono con diligenza il proprio compito ma giocano in funzione della situazione di gioco che gli si presenta.

Tutte le posizioni sono intercambiabili, la ricerca dell’attacco è imprescindibile: i difensori che diventano centrocampisti o esterni, un attaccante come Cruijff che può muoversi come centravanti o regista, realizzatore o suggeritore. Poi, la tattica del fuorigioco: una maniera di “difendersi” che stupisce e sorprende: una squadra intera che corre in avanti per lasciarsi alle spalle gli avversari.

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Dal “meccanismo perfetto” al Totalvoebal il passo è breve, ma – chiamati alla loro prima grande prova – i ragazzi di Michels vanno a sbattere il muso contro un grande Milan: succede alla finale della Coppa Campioni 1969.

C’è tempo per rifarsi: due anni dopo l’avversario in finale si chiama Panathinaikos ed è allenato da Ferenc Puskas. Si gioca a Wembley e l’Ajax stravince, al di là del risultato di 2-0.

Vinta la Coppa, Michels lascia e Crujiff e compagni vengono affidati a Stefan Kovacs, ex allenatore della Steaua di Bucarest: la filosofia di gioco rimane quella del suo predecessore e questo frutta altre due Coppe Campioni, una Coppa Intercontinentale (1972) e la prima Supercoppa Europea (1973) e dando prove di calcio memorabili come la finale di Coppa Campioni 1972 contro l’Inter e il 6 a 0 al Milan nella Supercoppa europea 1973.

Michels va al Barcelona, è il 1971, il franchismo è al tramonto ma il dominio calcistico delle squadre madrilene no. Rinus esporta in Catalunya il suo modo di intendere il calcio e i risultati alla lunga si vedono.

L’altro grande amore della carriera calcistica di Michels è stata la nazionale olandese. Siede sulla panchina orange per la prima volta nel 1974: l’Olanda si è già qualificata ai Mondiali della Germania Ovest ma non è tra le favorite. Ci pensa Rinus a farla grande, con un ruolino di marcia che vede cadere Uruguay, Bulgaria, Argentina, DDR e Brasile al cospetto di Crujiff e soci.

Si va in finale contro i padroni di casa e al primo minuto della gara l’Olanda è già in vantaggio: «E poi ci scordammo di segnare il secondo gol» ammise dopo Johnny Rep, ma sarà stata la sconfitta della presunzione più che del calcio totale: quello ormai aveva abbagliato gli occhi degli spettatori e non sarebbe stato più dimenticato.

Già, ma adesso che fa Michels? Lascia la nazionale arancione, per ritrovarla nel 1984 e poi per il biennio tra il 1986 e il 1988. È un’altra grande avventura, questa, che porterà all’unico titolo vinto da Rinus con gli Orange. Nel 1988, infatti, di nuovo in Germania Ovest, l’Olanda – forte del trio Van Basten/Gullit/Rijkaard – sconfigge i padroni di casa in semifinale e batte l’Urss in finale.

Nel 1990 Michels – che aveva lasciato la panchina olandese dopo l’Europeo vinto in Germania – torna alla guida della nazionale dopo il Mondiale conducendo il gruppo fino a Svezia 1992. L’Olanda arriva alla semifinale contro la Danimarca, si va ai rigori dopo i tempi supplementari e alla fine sbaglia proprio Marco Van Basten. Gli Orange escono e Michels si ritira. Stavolta in maniera definitiva.

Ok, in carriera Rinus non ha vinto molto: una Coppa dei Campioni nel 1971 e un Campionato Europeo nel 1988. Tuttavia, nel 1999 la Fifa lo elegge “Allenatore del Secolo”, sia per aver posto le premesse dell’esplosione del calcio olandese agli inizi degli anni ’70, che per aver definito un nuovo tipo di gioco, il «calcio totale», che ha cambiato per sempre le abitudini e concezioni dell’allenare una squadra di football.