Di tanto in tanto, è importante ricordare la grandezza delle storie di sport, la loro capacità di andare ben oltre il “semplice” gioco. Anche ai più appassionati, ogni giorno in cerca delle tante emozioni che esse sanno regalare, può capitare di dimenticarne l’innegabile ruolo sociale, che talvolta può arrivare fino al punto di intrecciarsi con le complesse vicende della nostra storia. E magari contribuire a salvarci dalla seconda guerra fredda, con due racchette ed una pallina.
La nostra vicenda è ambientata negli anni Settanta. Per comprendere bene cosa stiamo per dire, dobbiamo essere abili a calarci in un’epoca in cui il gioco di equilibri mondiali era ben più delicato di quello odierno. In quell’epoca la Cina comunista rappresentava un universo inaccessibile e segreto, totalmente diverso dal mondo occidentale. Le cose però, erano sul punto di cambiare. Ed è a questo punto che entrano in scena i due attori principali del nostro racconto, tanto diversi ma tanto simili nel realizzare un comune destino.
Glenn e Zhuang, gli atleti che cambiarono il mondo.
Come in ogni sceneggiatura di successo, i due protagonisti sono diametralmente opposti.
Il trentunenne Zhuang Zedong è un vero mito in Cina. Campione del mondo per tre volte, rappresenta l’idolo che da anni tiene incollate alla radio milioni di persone accompagnate dal suono delle sue traiettorie liftate. Viene unanimamente considerato il più grande giocatore di ping pong di sempre. La rivoluzione culturale ha bandito questo sport per diversi anni, limitandogli la partecipazione ai Mondiali del 1967 e del 1969, ma nonostante questo la sua immagine già leggendaria non ne risente.
Dall’altra parte, Glenn Cowan, che invece incarna il ruolo del classico hippy anni Sessanta: un atleta dal temperamento estroso, non sempre facilmente gestibile. Un talento fedele al motto “genio e sregolatezza”, abbastanza lontano dalla severa disciplina su cui si fonda l’approccio della squadra cinese.
La data cruciale è il 4 aprile 1971. Siamo a Nagoya, in Giappone, luogo dove si disputano i campionati mondiali di ping pong. Gli Stati Uniti, il cui movimento non è certamente tra i migliori del mondo – figuriamoci rispetto alla qualità di gioco offerta dalle nazionali asiatiche – sono appena stati eliminati dalle selezioni di Hong Kong e Corea del Sud. Nonostante la precoce sconfitta Glenn decide di restare all’interno del palazzetto per assistere agli altri incontri, attardandosi. Scopre che i suoi compagni di squadra non l’hanno aspettato, ed il suo pullman è già in hotel. Ecco che in suo soccorso arriva proprio la persona più insospettabile. Cowan rimedia un passaggio proprio da Zedong e compagni: il clima è abbastanza freddo ma il campione cinese è l’unico a distendere i toni con l’americano.
La voce si sparge subito, ed all’arrivo in albergo i due atleti vengono accolti da un fiume di giornalisti. Una cosa del genere non si era mai vista.
A fare ulteriore scalpore è il dono che Zedong fa al collega yankee: una stampa su seta dei Monti “Huangshan”, le famose “Montagne Gialle”.
“Ti regalo questo oggetto come segno di amicizia dal popolo cinese a quello americano”
Cowan, imabarazzato, può ricambiare l’omaggio tirando fuori dalla tasca un semplice fermaglio per capelli. “Riparerà” poco dopo omaggiando Zhuang con una t-shirt con la scritta “Let it be” ed il simbolo della pace.
La diplomazia del ping pong
Lo scambio di doni fa il giro del mondo. La portata di due gesti così apparantemente semplici e naturali viene colta nella sua importanza anche dai rispettivi governi. La mattina successiva Mao Tse-tung legge dell’accaduto sulla rivista Dacankao, destinata alle sfere governative cinesi, e decide di accettare la richiesta della delegazione USA: Cowan e compagni saranno ospitati per visitare la Cina, come da loro richiesta. Sono i primi cittadini americani che varcano la soglia del ponte di Lo Wu dalla proclamazione della Repubblica Popolare cinese del 1949. È appena partito un sensazionale effetto domino.
Dall’altra parte del mondo infatti il consigliere speciale Henry Kissinger, per rimanere in tema, ha già capito che deve cogliere la palla al balzo. Già un anno prima Mao aveva fatto intendere che gli USA potevano essere la speranza per il popolo cinese, desideroso di divincolarsi sempre più dalla pesante influenza sovietica. È l’occasione giusta per gli Stati Uniti di avvicinarsi a Pechino e gestire al meglio la crisi che porterà alla fine del conflitto in Vietnam.
Pochi mesi dopo, nel febbraio 1972, il presidente americano Richard Nixon sarà in visita ufficiale in Cina. Secondo sua stessa ammissione si tratta “della settimana che ha cambiato il mondo”. Si tratta di un evento dalla straordinaria portata simbolica che apre le porte alla normalizzazione dei rapporti tra le due nazioni. Nell’aprile successivo la nazionale di Zhuang sarà in visita negli States.
La storia di due inconsapevoli interpreti
Cosa ne fu dei protagonisti di una storia destinata a diventare qualcosa di più di un improvvisato scambio di regali?
Dopo un iniziale parabola ascendente, il successo di Glenn andò mano mano affievolendosi. Con il passare del tempo l’onda lunga dell’incontro tra i due atleti e delle sue conseguenze diplomatiche si ridusse. Il ping pong non era riuscito ad attecchire così tanto nelle abitudini americane.
Dopo un esilio forzato durato fino al 1985, al contrario, Zhuang ebbe modo di assumere il controllo dell’accademia giovanile di tennis tavolo, e tornare a vestire i panni di simbolo sportivo prima ancora che politico per il suo paese. Ma Zhuang non aveva mai dimenticato il volto di quello spaesato atleta in cerca di un passaggio, ancora inconsapevole della sua nuova, incredibile amicizia. Nel 2007 va a trovare la madre di Glenn, scomparso tre anni prima.
“Non averti più rincontrato è il rimpianto più grande della mia vita”
Se sei un considerato un’icona immortale, un motivo ci sarà.
Glenn e Zhuang, così diversi eppure così simili, dicevamo. Due ragazzi che da un gesto naturale ed inconsapevole hanno mostrato al mondo la potenza illimitata dello sport, e l’incredibile valore che anche i piccoli gesti possono avere nel cambiare le sorti del mondo in cui viviamo.