Okay, partiamo. La storia della Lazio è ben più lunga di quella di molti altri club italiani: 121 anni in cui si sono alternati periodi meravigliosi a momenti bui e che, nel complesso, hanno reso unico e ancor più entusiasmante il percorso – cominciato il 9 gennaio 1900 – dei biancocelesti. Periodi difficili, come appunto detto, da cui sempre, però, la Lazio è riuscita a tirarsi fuori.
Dagli anni della fondazione in cui nove ragazzi romani diedero vita a un progetto forse più grande di loro, fino alla protesta popolare per evitare la fusione da cui poi è nata la Roma nel 1927: solo la Lazio, tra le società di allora della capitale, rimase indipendente. E poi ancora gli anni Cinquanta, in cui arrivò il primo trofeo, una Coppa Italia, e il periodo d’oro – e folle – d’inizio anni Settanta. Proprio in quei tempi la Lazio di Maestrelli scrisse una delle pagine più belle della storia dell’intero panorama calcistico italiano, ma su quella vicenda, sulla Lazio del “Maestro” e di Chinaglia andrebbe scritto un capitolo a parte. Ci furono, come asserito, anche episodi terribili di guai societari che portarono i biancocelesti, traditi da chi doveva rappresentarne i valori, in Serie B. Addirittura si arrivò a un passo dal baratro – nel 1987 – con la penalizzazione di nove punti e gli spareggi per non retrocedere in Serie C.
Eppure, la gente laziale mai ha lasciato sola la squadra: per quell’occasione ci fu un vero e proprio esodo verso Napoli, dove allo stadio San Paolo i biancocelesti si aggiudicarono, contro il Campobasso, la permanenza nella serie cadetta. Da lì in poi la rinascita e la conquista, l’anno successivo, della Serie A che, da allora, non ha più lasciato. E poi la superba epoca di fine millennio, culminata con le vittorie di Scudetto, Coppa delle Coppe e Supercoppa Europea. Quest’ultimo trofeo, alzato al cielo imponendo il proprio gioco contro il Manchester United degli “invincibili” di Sir Alex Ferguson. Momenti gloriosi, ancor oggi impressi nella mente di qualsiasi tifoso biancoceleste, che portarono la Lazio perfino in testa al ranking europeo per club: davanti non solo ai Red Devils, ma anche a Barcellona, Real Madrid, Inter, Chelsea, Milan.
Nell’estate del 2000, lo stesso United basò la campagna abbonamenti con l’obiettivo di tornare ad affrontare e battere la Lazio: l’unica squadra, quella, che era stata in grado di sconfiggerli. E bisogna conservare come un prezioso cimelio la conferenza stampa di Sir Alex dell’8 novembre 2011, quando a una domanda relativa ai suoi 25 anni trascorsi a Manchester, nel descrivere il più grande rimpianto di quel quarto di secolo, disse: “È non aver battuto la Lazio di Eriksson. Nel 1999 abbiamo perso la Supercoppa contro la Lazio, che in quel momento era la migliore squadra al mondo: forse questo è il ricordo più amaro”.
Dopodiché, nel nuovo millennio, nuovi problemi societari portarono al totale ridimensionamento di quella rosa stellare, ma niente – di nuovo – fu così forte da infrangere la passione e i sogni dei tifosi, perché è nel dna della Lazio, si sa, il suo inesorabile percorso fatto di alti e bassi. Un’ultima, imparagonabile, soddisfazione che merita una menzione speciale? Domanda semplice: la Coppa Italia vinta in finale – grazie al gol di Lulic – contro i rivali di sempre della Roma. Era il 26 maggio 2013.
Per cercare di comporre la lista di quei giocatori che hanno fatto le fortune della squadra più antica della capitale, abbiamo fatto una lunga, e difficile, ricerca. Selezionare calciatori rispetto ad altri è un lavoro complesso, specialmente se siamo chiamati a farlo per eleggere la miglior formazione della storia di una delle società, per tradizione, più importanti d’Italia. Tuttavia, è stato un lavoro appassionante che, da amanti del pallone, ci ha portato a vivere e rivivere le gesta di alcuni incredibili calciatori: uomini che hanno reso la storia della Lazio quella che è oggi.
Adesso, vi lasciamo leggere questo lungo elenco – il cui ordine è assolutamente casuale – sperando di non aver tralasciato nomi essenziali.
Luciano Re Cecconi, Bruno Giordano, Ciro Immobile, Miroslav Klose, Bob Lovati, Paul Gascoigne, Marcelo Salas, Paolo Negro, Fernando Couto, Sentimenti IV, Sentimenti V, Aldo Puccinelli, Pierluigi Casiraghi, Renzo Garlaschelli, Giuliano Fiorini, Tommaso Rocchi, Vincenzo D’Amico, Giuseppe Favalli, Sergej Milinković-Savić, Karl-Heinze Riedle, Angelo Peruzzi, Diego Pablo Simeone, Humberto Tozzi, Hernán Crespo, Christian Vieri, Alen Bokšić, Sérgio Conceição, Hernanes, Mario Frustalupi, Vladimir Jugović, Luis Alberto, Jaap Stam, Giuseppe Pancaro, Goran Pandev, Leandro Remondini, Marco Ballotta, Dejan Stanković, Enrique Flamini, Paolo Di Canio, Luigi Martini, Thomas Doll, Lionello Manfredonia, Juan Carlos Morrone, Sante Ancherani, Felice Pulici.
L’undici ideale in campo
Bene, nessuno di questi fantastici giocatori, però, fa parte del nostro undici ideale. Un 3-4-3 a trazione anteriore, così composto:
Luca Marchegiani, Alessandro Nesta, Pino Wilson, Siniša Mihajlović, Roberto Mancini, Juan Sebastián Verón, Matías Almeyda, Pavel Nedvěd, Giuseppe Signori, Giorgio Chinaglia, Silvio Piola.
A un certo punto della sua carriera, Marchegiani è divenuto il portiere più costoso del mondo, quando nel 1993 si è unito (arrivando dal Torino) alla Lazio. Il suo curriculum parla da solo, basta ricordare il numero elevatissimo di match disputati con i biancocelesti, nonché l’incredibile record di 745 minuti consecutivi giocati in Serie A senza subire gol.
Nesta è considerato uno dei migliori difensori della sua generazione. Tra i vari riconoscimenti, è stato il difensore dell’anno della Serie A in quattro occasioni, ma – per quanto ci riguarda – si può semplicemente affermare che, nel suo ruolo, stiamo parlando di uno dei più forti di sempre.
Nato nel Regno Unito da padre inglese e madre italiana, Wilson ha iniziato la sua carriera con l’Internapoli nel 1964-65. Si è unito alla Lazio nel 1969, rimanendo nella capitale per 10 stagioni e vincendo, da vero capitano, il titolo di Serie A 1973-1974.
Mihajlović ha giocato in molte squadre in Italia ma in poche ha lasciato il segno come ha fatto alla Lazio. Il grande carisma lo ha portato a imporsi nonostante l’agguerrita concorrenza, e l’abilità sopraffina sui calci di punizione ha reso ancor più difficile l’eventuale rinuncia, a lui, nella formazione titolare.
Mancini rimproverava i compagni di squadra e spesso si allontanava dalle sessioni di allenamento se le cose non andavano per il verso giusto. Voleva prendersi carico di tutti i calci di punizione, i calci d’angolo e i rigori. Per lui, prodigio dentro e fuori dal campo, il calcio era il suo gioco: tutti gli altri erano lì per sostenerlo. Un atteggiamento, oltre alla classe, che gli è servito per gran parte della carriera.
Verón è il figlio di un grande dell’Estudiantes de La Plata e, come il padre, ha portato il club sudamericano alla vittoria della Copa Libertadores. Una breve parentesi al Boca Juniors, poi, è stata l’ultimo tassello prima di iniziare il viaggio europeo che lo ha portato a vestire le maglie di alcuni tra i più importanti club del mondo. Alla Lazio è divenuto il fulcro del gioco di Eriksson, ma è difficile riassumere in poche righe quello che l’argentino è stato a Roma: probabilmente ci troviamo di fronte al più forte centrocampista della storia biancoceleste.
Cominciata la carriera professionale tra le file del River Plate, Almeyda si è trasferito in Europa nel 1996 giungendo prima in Spagna, al Siviglia, e poi in Italia. Alla Lazio, come con la nazionale dell’Argentina, si è distinto quale perno fondamentale e motore imprescindibile con l’obiettivo di proteggere la difesa e, al contempo, sorreggere il centrocampo composto prevalentemente da giocatori offensivi.
Nedvěd è stato un giocatore meravigliosamente completo. Se ne sono visti pochi così in giro, non solo alla Lazio ma anche in Serie A e nel resto dei massimi campionati europei. Corsa, cattiveria agonistica, tecnica, abilità di tiro con entrambi i piedi, dribbling, cross, colpo di testa. Potevi sempre contare su un giocatore del genere: non a caso, quando si trasferì alla Juventus, vinse addirittura il Pallone d’Oro.
Signori era unico, già per il fatto di aver vinto il premio di capocannoniere della Serie A per tre volte nei primi quattro anni di Lazio. Il suo sinistro micidiale ha fatto innamorare i tifosi che, all’annuncio a sorpresa della cessione di Beppegol al Parma, si resero protagonisti – l’11 giugno 1995 – di un’imponente manifestazione di piazza mandando, così, all’aria un affare già fatto. Quando per un singolo calciatore si scatena una rivolta popolare, ecco, può darsi che non si tratti di un giocatore qualunque.
Nato in Italia, Chinaglia è però cresciuto in Galles, dove ha iniziato la carriera con la maglia dello Swansea. Alla Lazio tra il 1969 e il 1976, è stato il giocatore chiave e simbolo della società per tanti anni. In campo, Giorgione rappresentava una vera e propria guida agli occhi dei compagni e, difatti, la sua efficacia sotto porta e il suo carattere indomito lo hanno reso, al pari di nessun altro, l’uomo più rappresentativo nella storia della Lazio.
C’è poco da dire su Piola: stiamo parlando del capocannoniere di tutti i tempi del campionato italiano, un atleta formidabile che, oltre ad aver fatto le fortune dei biancocelesti, ha portato l’Italia sul tetto del mondo realizzando una doppietta nella finale dei Mondiali del 1938.
Questo è l’undici scelto, ma manca ancora un tassello fondamentale: l’allenatore. Una battaglia a tre, tra Sven-Göran Eriksson, Simone Inzaghi e Tommaso Maestrelli, che ha fatto ricadere la scelta – quasi inevitabilmente, non ce ne vogliano gli altri due – sull’ultimo menzionato. Maestrelli, come pochissimi altri, ha incarnato il concetto di lazialità rendendo quella “banda di matti” – così veniva chiamata la Lazio degli anni Settanta – una macchina infallibile, capace di sfiorare lo Scudetto, contro ogni pronostico, al primo anno di Serie A e di vincerlo, dominando, l’anno seguente.
Attendiamo l’opinione dei nostri lettori, con i quali condividiamo la passione per il grande spettacolo del calcio. Le preferenze personali potranno certamente essere diverse, ma speriamo che questa lista di campioni possa aprire i cuori dei tifosi biancocelesti, in primis, e di tutti gli innamorati del pallone.