La Juventus del quinquennio d’oro: storia di una squadra da primato

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1930-31

Prima di quella di Antonio Conte e di Allegri c’è stata un’altra Juventus delle meraviglie. Capace di vincere cinque scudetti di fila. Certo, era un altro calcio: parliamo degli anni Trenta del secolo scorso. La storia parte con i dirigenti, il presidente Edoardo Agnelli e il suo vice, il barone Mazzonis. In panchina siede Carlo Carcano, arrivato dall’Alessandria, il quale ha portato con sé un mediano dalla classe cristallina. Il suo nome è Giovanni Ferrari. In attacco, c’è un duo sudamericano, ovvero Mumo Orsi e Renato Cesarini. Li affianca Giovanni Vecchina, il quale proviene dal Padova e si rivela subito una pedina fondamentale nello scacchiere bianconero. In difesa ci sono il portiere Combi, davanti a lui Rosetta e Caligaris. Una squadra molto forte, che non fallisce l’obiettivo per il quale è stata costruita: lo scudetto, il terzo nella storia della Juve dopo quelli del 1905 e del 1925-26.

1931-32

Il nuovo acquisto è Luisito Monti. Quando arriva a Torino, più di un tifoso storce il naso e a ragion veduta: il centrocampista ha smesso di giocare da mesi in Argentina, è sovrappeso e si ritiene che il suo apporto alla squadra campione d’Italia possa essere nullo o quasi. Invece, il giocatore riesce nel miracolo di perdere venti chili in pochi mesi e in quello di inserirsi nella linea mediana apportando potenza e forza fisica. Per lui è una seconda giovinezza: nel 1934 parteciperà ai mondiali in maglia azzurra, vincendo il titolo iridato. Un’altra faccia nuova è quella di Luigi Bertolini, voluto da Giovanni Ferrari il quale lo aveva avuto con sé all’Alessandria. In bianconero esordisce anche l’argentino José Maglio, ma si tratta di una meteora: gioca 17 partite, non lega con i compagni per poi scomparire da Torino e dall’Italia. Senza di lui, Carcano guida la Juve al secondo scudetto consecutivo.

1932-33

Il nuovo innesto è il brasiliano Pedro Sernagiotto, chiamato a rimpiazzare l’argentino Maglio: a differenza del predecessore, il sudamericano è uno che sa farsi voler bene e si inserisce a meraviglia in un trio d’attacco composto da lui, da Mumo Orsi e da un ragazzo di appena 17 anni: Felice Placido Borel, soprannominato “Farfallino” dai tifosi per la sua leggerezza. C’è anche tanta sostanza: Borel segna 29 reti in 28 partite, media quasi incredibile che contribuisce alla conquista del terzo scudetto consecutivo dell’era Carcano.

1933-34

Alcune delle pedine fondamentali di Carcano hanno ormai più di trent’anni, un’età ragguardevole per un giocatore di quel tempo: eppure, Combi (titolare dal 1921!), Monti, Rosetta, Caligaris e Orsi non finiscono di stupire. La Juventus inaugura a Torino un impianto da sessantamila posti, lo stadio Benito Mussolini. Stavolta il compito di vincere lo scudetto è reso più arduo del previsto dall’Ambrosiana di Meazza, Serantoni, Pitto e Demaria: alle ultime battute del torneo i milanesi accusano un calo di condizione che sarà fatale, mentre gli juventini – affidati al preparatore fisico Guido Angeli – approdano al loro quarto scudetto di fila. Di lì a poco, inizieranno i Mondiali: Vittorio Pozzo porterà in azzurro Combi, Monti, Bertolini, Ferrari, Orsi, Borel II e Rosetta. A tutti toccherà l’onore e la gioia di tenere tra le mani la Coppa Rimet e di entrare nella storia del calcio italiano e mondiale.

1934-35

Siamo alla fine di un ciclo irripetibile: la Juventus perde prima Giampiero Combi, il quale chiude con il calcio dopo aver vinto il mondiale, mentre a marzo Raimundo Orsi torna in Argentina, poiché allarmato dai venti di guerra che soffiano in Europa. Anche l’allenatore Carcano lascia: le voci su una sua presunta omosessualità sono diventate troppo insistenti per il regime fascista. La squadra viene comunque guidata al quinto scudetto consecutivo dall’ingegner Gola, dirigente e accompagnatore ufficiale della squadra.